Trattamento fiscale Stock option: i chiarimenti dell’Agenzia

Il trattamento fiscale delle Stock Option è una componente importante all’interno dei piani di Stock Option e a prima vista appare complicato e contro-intuitivo. Proviamo a fare chiarezza, partendo da una utile risposta fornita dall’Agenzia delle Entrate nel febbraio 2020.

Una premessa importante: cosa le Stock Option?

Abbiamo già affrontato in dettaglio in questo articolo il funzionamento dei Piani di Stock Option.

Riprendiamo dal precedente articolo l’esempio numerico, che ci aiuterà a comprendere meglio il funzionamento anche della componente fiscale.

Tizio ha ricevuto 1.000 opzioni (per sottoscrivere 1.000 azioni dell’azienda Y) a uno strike price pari a 2,00€ per ciascuna opzione. Il titolo oggi (settembre 2020) vale 1,50€.
L’opzione è esercitabile nel mese di gennaio 2022.

Ipotizziamo questi due teorici scenari a gennaio 2022:

  • il titolo quota 2,50€: il dipendente ha interesse a esercitare le opzioni, pagando 2.000€ per avere 1.000 azioni che, a valore di mercato, valgono 2.500€
  • il titolo quota 1,80€: il dipendente non ha interesse a esercitare le opzioni in quanto, volendo proprio comprare 1.000 azioni, potrebbe comprarle sul mercato a 1.800€ (se esercitasse le opzioni pagherebbe sempre 2.000€)

Trattamento fiscale Stock Option: le fasi e l’imponibilità

Come illustrato nella risposta nr. 23 reperibile qui, l’Agenzia delle Entrate spiega come i piani di assegnazione di azioni ai dipendenti si distinguono, generalmente, in tre momenti fondamentali:

  1. il granting, c.d. diritto di opzione, ovvero il momento in cui il beneficiario riceve un diritto a divenire azionista della società datrice di lavoro o di altra società appartenente al medesimo gruppo. In questo momento viene anche fissato lo strike price o prezzo di esercizio;
  2. il vesting period, ovvero il periodo di maturazione intercorrente dall’offerta dell’opzione al termine iniziale per il suo esercizio;
  3. l’exercising, cioè la data in cui viene effettivamente esercitato il diritto di opzione e quindi l’azione viene effettivamente acquisita dal beneficiario

A noi pare corretto aggiungere un ulteriore “fase”:

4. la vendita dell’azione, cioè il momento il cui il Beneficiario cede (sul mercato se la società è quotata, o in generale a terzi) le azioni ricevute in seguito al piano di Stock Option.

La posizione dell’Agenzia in materia di trattamento fiscale delle Stock Option e fiscalità è chiara (e non nuova per la verità)

  1. il granting NON è un momento rilevante ai fini impositivi. Ovvero: nel momento in cui un dipendente (o amministratore, o collaboratore) diventa beneficiario di un piano di Stock Option, nessuna tassazione è dovuta (per fortuna)
  2. nessuna tassazione è dovuta neppure durante il vesting period (per fortuna)
  3. il primo momento rilevante ai fini impositivi è costituito dal momento di esercizio del diritto di opzione, ossia alla data di exercising. E ciò – specifica l’Agenzia – indipendentemente dalla data di emissione o di consegna dei titoli stessi.
  4. anche la vendita dell’azione è un momento rilevante ai fini impositivi. Ma ne parliamo in seguito, è più semplice.

La base imponibile… in parole più chiare

La tassazione all’exercising può sembrare contro-intuitiva, ma è così. La tassazione non scatta – come si potrebbe pensare – nel momento in cui il Beneficiario ottiene un guadagno vendendo le azioni, ma nel momento in cui ne diventa proprietario. Il tutto può sembrare ancora più paradossale se si considera che al momento dell’exercising il Beneficiario non solo non incassa nulla, ma al contrario effettua un pagamento (il pagamento alla società dello Strike Price).

Quale è la logica di ciò? Lo si capisce un po’ meglio considerando quale sia la base imponibile da considerare.

Sempre la risposta dell’Agenzia ribadisce che “in relazione alla determinazione della base imponibile, si fa presente che le azioni devono essere assoggettate a tassazione per un importo pari alla differenza tra (i) il valore normale determinato ai sensi dell’articolo 9 del Tuir, al momento dell’esercizio del diritto di opzione, e (ii) quanto corrisposto dal lavoratore dipendente a fronte dell’assegnazione stessa“.

Ovvero? Tornando al nostro esempio numerico di prima, se il Beneficiario versa alla società 2.000€ per diventare proprietario di azioni che valgono 2.500€, la base imponibile è 2.500€ – 2.000€ = 500€.

Nel nostro esempio il calcolo dei 500€ è facile, perchè la società è quotata e in ogni istante è disponibile l’informazione sul valore delle azioni. Se la società non è quotata, serve una perizia di un professionista abilitato che ne determini il valore (nb: la normativa parla di “valore del patrimonio”, da intendersi senza dubbio come il “valore di mercato” e non come il “valore contabile” ). (qui un nostro articolo sul tema del calcolo del valore d’azienda)

Quali tasse si pagano sull’imponibile così determinato?

Anche qui la posizione dell’Agenzia è chiara. Il reddito che si genera è reddito da lavoro. La base imponibile è quindi soggetta all’IRPEF (nb: leggasi: soggetta alla propria aliquota marginale. Quindi è facile “sconfinare” in area >40%), ma non è soggetta ad aliquote previdenziali (bontà loro!) .

A seguito di tale momento impositivo, si verifica una sorta di “affrancamento” del valore delle azioni. Ovvero, sempre nell’esempio sopra, per il Beneficiario il valore di carico delle azioni sottoscritte in seguito allo Stock Option Plan è di 2.500€ (i 2.000€ pagati + i 500€ su cui si è pagato l’IRPEF).

L’esenzione del reddito da stock option dalla base imponibile previdenziale è confermata dalla circolare INPS nr.123 del 2009.

E quali tasse si pagano quando si vendono le azioni?

Abbiamo approfondito il tema in questo articolo. Riportiamo qui una sintesi.

Qui vige la normativa corrente in materia di redditi diversi (= quei redditi in cui ricade appunto il gain o loss dovuto alla vendita di azioni ad un prezzo superiore / minore di quello di acquisto).

Ovvero? Rileva la differenza tra il prezzo di vendita delle azioni e il valore di carico. Per quanto detto sopra, il valore di carico, nel nostro esempio, è di 2.500€.

Nell’ipotesi che il Beneficiario venda tutte le 1.000 azioni a 2.900€, la base imponibile è determinata dalla differenza 2.900-2.500=400 euro. La tassazione dovuta è quella dei redditi diversi, in questo momento pari al 26%.

La vendita delle azioni, nel nostro esempio, sarebbe quindi pari a 400*26%= 104€.

E se il Beneficiario vendesse in perdita? Ad esempio, se vendesse a 1.900€ le azioni pagate 2.000€? Vige sempre la normativa in materia di redditi diversi. Una cessione a 1.900€ genera una minusvalenza di 100€, che il Beneficiario potrà utilizzare per compensare plusvalenze maturate su altre cessioni di azioni (nb: anche cessioni di altre azioni, non necessariamente quelle della società per cui lavora).

In sintesi… il tema della fiscalità delle Stock option può sembrare contro-intuitivo, ma – quantomeno – non paiono esserci dubbi sulla interpretazione dell’Agenzia delle Entrate.

Esistono dei casi di trattamento fiscale delle Stock Option più favorevoli?

Si, al momento si.

Le Startup Innovative e le PMI innovative (a breve un nostro articolo sul tema) godono – tra gli altri – di un interessante beneficio fiscale. In particolar modo: il Reddito da lavoro che abbiamo visto “crearsi” al momento dell’Exercising gode di una totale non imponibilità.

In concreto: il Beneficiario non paga tasse (nello specifico: non paga IRPEF aggiuntiva) nel momento in cui esercita le opzioni.

Paga però un po’ più di tasse alla vendita. Avendo un prezzo di carico pari a 2.000€ (non avendo pagato l’IRPEF sui 500 dell’esempio sopra, il prezzo di carico resta uguale alla cifra versata per sottoscrivere le azioni, quindi 2.000€), in caso di vendita a 2.900€ il capital gain sarà pari a 2.900-2.000=900, tassati al 26%

Quindi tassazione complessiva pari a 900*26%=234€.

Oltre a essere un importo presumibilmente minore rispetto al caso “normale”, ha un secondo, fondamentale, vantaggio: la tassazione scatta solo dopo che il Beneficiario ha maturato un incasso derivante dalla vendita. Ovvero quando ha certamente una disponibilità di cassa aggiuntiva con cui far fronte al pagamento delle tasse. Il che non è poco.

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